Questlandia

qlA pochi giorni dalla fine di Etruscon Estate 2014 mi sento come la tizia che piange da sola nella vasca dopo essere tornata da una crociera Costa. Senso di nostalgia per non avere più intorno (e non stare più intorno a) gli 81 partecipanti di questa edizione, il numero più alto da quando esiste la Con montecatinese.

Complice forse anche la presenza dei coniugi Vincent D. e Meguey Baker (rispettivamente autori di Cani nella Vigna Psi*Run) con la famiglia, la Con è stata partecipatissima e le serate sono filate via a meraviglia, forse anche troppo velocemente.

Non solo chiacchiere fuori dall’ingresso dell’hotel fino alle 7 del mattino, o deliri del tipo #adessoparliamoditeoriaporcaputtana, ma anche (e soprattutto) giochi di ruolo. Quest’anno ho avuto la possibilità di partecipare a tre slot, di cui uno era Mythender (che ho masterizzato in questa edizione estiva come ho fatto in quella invernale) e gli altri due Becoming di Brian Engard e Questlandia di Hannah Shaffer. Del primo dirò pochissime parole, queste: i giocatori al tavolo narreranno la parabola tragica di un eroe sulla strada della sua affermazione. Uno di loro interpreterà l’Eroe, mentre gli altri interpreteranno i Destini (Dolore, Dubbio e Paura) e a turno lo porranno di fronte a ostacoli che renderanno sempre più difficile la strada verso il raggiungimento dei suoi obiettivi. Un gioco dalle premesse molto molto interessanti, ma che si perde in meccaniche troppo frustranti per l’eroe e railroadanti per lui e per gli altri giocatori.

Niente a che vedere con il vero motivo di questo post, ovvero Questlandia. Opera prima della designer bostoniana Hannah Shaffer, si tratta di un piccolo gioiello del panorama ruoludico più recente, rilasciato in pdf ai finanziatori del kickstarter giusto in tempo (pochi giorni prima) per permettermi di testarlo a Etruscon.

Di cosa stiamo parlando? Un regno fantasy sull’orlo del collasso sta vivendo i suoi ultimi spasimi prima di crollare definitivamente sotto il peso dei suoi guai. I vostri personaggi, abitanti di questo regno provenienti da ogni strato sociale, sono chiamati a fare qualcosa per impedire che le cose precipitino irrimediabilmente, perseguendo al tempo stesso i loro scopi e la salvezza del regno e cercando di trovare un posto nel nuovo ordine (se ve ne sarà uno).

Questlandia è un gioco di ruolo senza master in cui la responsabilità narrativa è affidata collettivamente ai giocatori. A partire dalla creazione del regno, passando dalla gestione delle singole scene, fino al racconto del finale di ciascun personaggio (e del regno), i giocatori cooperano attivamente interpretando i loro personaggi, ma anche suggerendo possibili sviluppi e spunti ulteriori per l’avanzamento della storia.

giant's hand
Una mia interpretazione del regno che abbiamo creato alla prima giocata di Questlandia

Come funziona? Per prima cosa, i giocatori sono chiamati a creare il regno e le sue problematiche suddivise in quattro categorie: Ribellione e rivoluzione, Malattia e Salute, Benessere e Risorse, Guerra e Conflitti Esterni. Quali di queste sono più pressanti lo decidono le carte: se ne estraggono sette da un mazzo di carte francesi e a seconda del seme e di quante volte è rappresentato, si possono avere più problemi contemporaneamente. Nella giocata fatta durante la Con, il nostro regno aveva Salute 1, Rivolta 6, Benessere 0 e Guerra 1, a indicare che il problema più pressante era una rivolta popolare all’apice della sua gravità.

Stabilito con cosa dovranno fare i conti i personaggi, si devono definire un’ambizione a cui tende il regno (Conquista/Dominio, Religione/Filososfia, Cultura/Prestigio, Tecnologia/Scienza, Industria/Commercio, Regolazione/Controllo) e le norme e gli usi che lo caratterizzano. La prima si ottiene lanciando un dado a sei facce: il risultato decreta l’ambizione (tra le sei elencate sopra). Le norme e gli usi vengono fuori da un brain storming tra i giocatori: cosa volete che sia presente nel vostro regno? Magia? Tecnologia? Esseri soprannaturali? Miniere di lovecraftio? A turno, ogni giocatore propone un aspetto che vorrebbe vedere in gioco e lo scrive nell’apposito spazio sulla scheda, quando sono stati riempiti tutti e 9 gli spazi disponibili con altrettante informazioni, si può passare allo step successivo.

Il nostro regno, Eshnarað, ambiva alla regolazione e al controllo e le sue caratteristiche principali erano l’uso di elefanti addomesticati per gli usi più disparati; la venerazione di una dea a tre volti; un sistema di caste sociali; la presenza di una confederazione di città stato; una misteriosa setta di sacerdoti guerrieri che operava nell’ombra; un mito dell’età dell’oro; l’uso di una tecnologia a cristalli levitanti; la magia che scaturiva da danza e musica rituali; un enorme promontorio, detto la Mano del Gigante, che ospitava le cinque città della confederazione.

Questa meccanica si ritrova in un altro gioco di ruolo narrativo di qualche anno fa, Archipelago III del norvegese Matthijs Holter, da cui l’autrice di Questlandia ha senz’altro preso spunto.

Definite queste informazioni, la cui utilità vedremo tra poco, si passa a determinare una bozza di linguaggio, che servirà per dare un nome al nostro regno. Ogni giocatore a turno scrive una sillaba sul foglio; quando ciascuno ne avrà scritte due, se ne scelgono due o tre per formare il nome del nostro regno (“Eshnarað” nel nostro caso).

A questo punto ritorniamo indietro alle caratteristiche del nostro regno: cosa ne facciamo di tutte queste informazioni? Qui entra in gioco il meccanismo delle autorità: ciascun giocatore avoca a sé una e una soltanto (ne potrà scegliere altre nel corso del gioco) autorità su una delle norme o degli usi stabiliti in precedenza e ogni volta che un altro giocatore avrà un dubbio su quell’argomento, starà a chi ne detiene l’autorità chiarire. Lo scopo è quello di massimizzare la condivisione della conoscenza del mondo in cui vivono i personaggi, in modo tale che il peso non ricada sulle spalle di uno solo, con tutte le difficoltà che comporta.

Ora non resta altro che parlare un po’ di quello che è stato buttato giù e rispondere alle domande degli altri compagni di gioco (e farne a nostra volta) e siamo quasi pronti a cominciare.

I personaggi. La creazione dei personaggi è molto semplice: dal mazzo di carte francesi se ne estraggono tante quanti sono i giocatori più una e si dispongono sul tavolo scoperte. Per ciascuna di esse si lancia un d6 e si mette sulla carta. Il valore della carta (da A a K) determina la posizione di quel personaggio nella scala sociale: da semplice contadino a re passando per soldato, incantatore, avventuriero o nobile e così via.

In questa fase, al nostro tavolo sono stati estratti uno studioso, due messaggeri, un soldato e un paladino.

Il colore della carta (rosso o nero) determina la fortuna iniziale, che serve a dare uno spunto per la scena iniziale del vostro personaggio. E i dadi? Il loro valore determinerà il drive di ogni personaggio, ovvero ciò che lo spinge ad andare avanti. Le possibilità spaziano dalla Conoscenza al Cambiamento all’Onore. Una volta delineati gli archetipi, ciascuno sceglie il suo tra quelli estratti (discutendone con gli altri) e si prende qualche istante per dargli una forma.

Dovrà quindi dargli un nome (utilizzando le sillabe definite inizialmente per la creazione del regno, o inserendone di nuove); descrivere una caratteristica fisica, due tratti e una debolezza. Tratti e debolezza sono dei descrittori che hanno un peso in fiction e nelle meccaniche, ed ecco un’altra caratteristica che Questlandia ha preso da un altro gioco (questa volta il Fate). I tratti e le debolezze si scelgono dalle rispettive tabelle e sono cose tipo: Gentile, Sovversivo, Benestante (tratti) oppure Mentire, Perdere il controllo, Pavoneggiarsi (debolezze). A cosa servono lo vedremo fra poco.

rowland
Uno dei disegni che arricchiscono il manuale, firmato Evan Rowland

Per dare un tocco finale al nostro personaggio, ci occorrerà un obiettivo a lungo termine che il personaggio perseguirà durante tutto il gioco; due ostacoli che si frappongono tra il personaggio e il suo obiettivo; due relazioni, una con il personaggio alla propria destra e uno con quello alla propria sinistra.

Ognuna di queste informazioni – ad eccezione dell’obiettivo – ha un peso meccanico.

Le meccaniche. E vediamo dunque come si svolge il gioco. A turno ciascun giocatore imposta una scena in cui il suo personaggio è sotto i riflettori. Può decidere quale degli altri personaggi è in scena con lui – se occorre – ma comunque è del suo personaggio che deve approfondire l’esplorazione (vi ricorda nulla? No? E se vi dico Fiasco?). Una volta impostata la scena si passa al roleplay, in cui gli altri giocatori interpreteranno il proprio personaggio, se presente in scena, oppure i png (o gli elementi dello scenario) introdotti dal protagonista. In entrambi i casi svolgono il ruolo di oppositori: non dovranno materialmente contrastare ogni azione del personaggio, quanto mantenere viva la scena in modo tale che accada qualcosa di interessante. Si va avanti a narrare i fatti finché il protagonista non decide che c’è un conflitto da risolvere. A quel punto si tirano i dadi.

Le meccaniche del conflitto sono molto particolari e molto interessanti perché non determinano un tiro secco con un risultato secco, ma l’esito va ragionato attentamente da parte del protagonista.

L’opposizione parte con tre dadi (d6) di base, mentre il protagonista con due. A questa pool iniziale vanno aggiunti:

– per il protagonista: 1 d6 per ogni tratto rilevante per la scena; 1 d6 per ogni relazione rilevante nella scena; 1 d6 per ogni boost rilevante per la scena;

– per l’opposizione: 1 d6 per ogni ostacolo (del protagonista) rilevante per la scena; 1 d6 per ogni problema del regno il cui valore superi il 3; 1 d6 per ogni hindrance rilevante per la scena.

Boosts e hindrances funzionano esattamente come tratti e ostacoli, però si acquisiscono durante il gioco vincendo o perdendo con un 5.

Il protagonista e l’opposizione lanciano i dadi e a questo punto si confrontano i tre più alti di quest’ultima con i due più alti del primo. Chi ottiene i valori più alti vince il conflitto, ma non del tutto. Infatti, poiché i dadi dell’opposizione sono tre e quelli del protagonista solo due, l’opposizione vincerà sicuramente parte del conflitto, anche se il protagonista vince sugli altri due dadi. Cosa significa? Ogni esito favorevole (o sfavorevole) per il protagonista va confrontato con la tabella apposita, per cui vincere (o perdere) con un 3 avrà conseguenze diverse rispetto a vincere (o perdere) con un 5 e via dicendo.

Ad esempio: come protagonista della scena lancio un totale di 6 dadi (2 di base + 2 tratti + 2 relazioni) e ottengo come risultato 1, 1, 3, 3, 4, 6.

L’opposizione lancia 6 dadi (3 di base + 1 ostacolo + 2 problemi superiori al 3) e ottiene 2, 2, 4, 4, 5, 6.

In questo caso dovrò confrontare il mio 4 e il mio 6 con i suoi 4, 5 e 6. Posso farlo nell’ordine che preferisco, per cui potrei vincere con il mio 6 sul suo 5, annullare il suo 4 con il mio e perdere con il suo 6. Le combinazioni sono molteplici, così come gli esiti che ne deriveranno.

Una vittoria può consentire di ripristinare una relazione (successo con 3) o rappresentare un successo roboante (con 6). Una sconfitta può essere una profonda umiliazione (fallimento con 1) o condannare il personaggio a un destino oscuro e con egli il regno (fallimento con 6). Nel mezzo c’è un range di esiti che garantiscono varie possibilità al personaggio.

Si possono anche ottenere, perdere o cambiare token fortuna e sfortuna. Questi segnalini sono importanti ai fini del racconto del finale, poiché determinano se la storia del vostro personaggio (e del regno) sarà a lieto fine oppure no.

Il finale. Una volta che tutti i giocatori hanno giocato tre scene, il gioco giunge a conclusione. I rispettivi personaggi possono avere avuto successo nel perseguimento del loro obiettivo a lungo termine, oppure no, non ha grande importanza. Ciò che conta è come le loro azioni hanno condizionato le sorti del regno.

Terminato l’ultimo giro di scene, si fa la conta di quanti token fortuna (bianchi) e sfortuna (neri) detiene ciascun giocatore e si mettono in fila, di fronte a sé, alternando i bianchi ai neri. A questo punto a turno, i giocatori narreranno ciascuno spezzone del proprio finale come segue: i token bianchi saranno narrati direttamente dal giocatore che li possiede, che dovrà dare un dettaglio positivo del finale del suo personaggio. I token neri saranno invece narrati, con un dettaglio negativo, dagli altri giocatori. L’ultimo token rimasto riguarderà un dettaglio sul finale del regno, collegato al personaggio e a uno degli aspetti del regno definiti in fase di creazione del regno stesso. Se il token è bianco, si tratterà di uno spezzone di finale positivo; se il token è nero sarà un finale negativo.

Anche questa caratteristica è ripresa da Fiasco, benché sottrae parte dell’autorità del giocatore sul finale del proprio personaggio per delegarla agli altri giocatori. Se avete accumulato troppi (o solo) token sfortuna, siete letteralmente sfortunati, poiché non sarete in grado di narrare neanche una virgola del finale del vostro personaggio…

ConclusioniQuestlandia è un piccolo capolavoro di game design che rappresenta un notevole valore aggiunto al panorama ruoludico ed è forse uno dei migliori giochi a cui abbia giocato negli ultimi mesi. Le meccaniche semplici, ma che lasciano spazio a molteplici possibilità, la gestione del finale pulita e comunque creativa, così come creativo è tutto l’impianto e lo sviluppo della partita ne fanno un gioco piacevolissimo da giocare e ripetibile ancora e ancora, creando ogni volta un mondo di fantasia diverso e dettagliato, in cui poter inserire tutto ciò che la vostra fantasia vi suggerisce.

Il manuale è di una fruibilità estrema: le 100 pagine sono disposte in maniera tale che su quelle dispari trovate la spiegazione delle regole del gioco, su quelle pari l’esempio concreto di come si svolge una partita, così che se ci sono dei dubbi, si può ricorrere all’actual play per fare chiarezza. A completare il quadro ci sono i disegni di Evan Rowland che aggiungono quel tocco di poesia in più al tutto.

Attualmente il gioco è in fase di distribuzione ai contributori del kickstarter, ma un recente aggiornamento dell’autrice sul suo blog informa che il PDF è già disponibile per l’acquisto. Fossi in voi, per 10$ un pensierino ce lo farei.

3 pensieri riguardo “Questlandia

  1. È stata veramente una bella esperienza! Dei giochi nuovi che ho provato a questa EtrusCon estiva questo è sicuramente tra quelli che mi hanno colpito maggiormente, e in maniera positiva. 😉

  2. Dalla review è sicuramente un gioco molto carino! Lo proverò entro agosto e so già che piacerà molto anche ai miei amici. Anche se ci sta qualcosa di molto simile…

    Ricorda anche a me Archipelago III, FIASCO che guada caso sono punti di spunto di un altro sistema italiano. L’Experience Engine altrimenti noto per Cartooner, Deus Opera, Forest Keeper Space Adventure e Sitcom che passione!

    Abbiate pazienza ma dovevo dirlo, è incredibile come si è poco disposti a guardare nel panorama estero e poco in quello di casa propria (è solo una riflessione è!), ripeto è solo una riflessione non mi importa se avete provato o meno l’EE.

Lascia un commento